HELLE BUSACCA TRAGICA VEGGENTE – Vittoria Ravagli: “I quanti del suicidio”

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Helle Busacca nacque nel 1915 a Sampiero Patti (Messina). Nel 1922 si trasferì con la famiglia a Bergamo poi a Milano dove si laureò in lettere. Insegnò in diverse città e nel ’69 si stabilì a Firenze dove morì nel ’96.
La sua corrispondenza, suoi scritti di narrativa e poesia, si trovano raccolti in un Fondo speciale presso l’Archivio di Stato di Firenze. Molto ricca la sua produzione letteraria,  non abbastanza apprezzata dai poeti del suo tempo. Helle non si sentiva capita e di questo soffriva molto. Difficile confrontarsi con lei, che giudicava con asprezza la società tutta. Questo suo rifiuto la isolò ed ancora oggi, nonostante la forza visionaria ed attuale della sua poesia, è quasi dimenticata.
Un  fatto tragico  cambiò completamente la sua vita e ne sconvolse anche lo stile: il suicidio del fratello Aldo (1965): uno scienziato che, perso il lavoro, non fu aiutato,  di cui nessuno ebbe pietà.
Scrisse allora, nel ’72,  I quanti del suicidio, autoproducendolo per non  dipendere da un editore, per essere libera nella distribuzione e poter gestire personalmente la sua denuncia. Troppo importante e vitale per lei questa pubblicazione.

I quanti sono una misura della fisica. Helle aveva infiniti interessi: oltre alla scrittura, la pittura ed anche la fisica. Il libro è suddiviso in tanti quanti: i quanti dell’integrazione, i quanti della rottura, i quanti della desolazione, i quanti della nostalgia… Molti i motivi che hanno concorso al suicidio di Aldo.
I quanti del suicidio fanno parte di una trilogia: uscirono nel ’73 I quanti del karma e nel ’74 Niente poesie da Babele.
Scrive: “…Lo vedi che cosa hai fatto, dice la canna del gas/in cucina, dice la pietra/sotto i cipressi, lo vedi/che cosa hai fatto?…” (LVII QS)

”…Questo mondo assassino/e io a farne parte/questo mondo/dove per te non c’era fuoco/ né tetto né letto […] come potrei amarlo; sotto quale aspetto/ non vomitarlo mille volte al giorno/ questo mondo che era bello/ finché, anche lontano, tu c’eri.” (XI QS)

La morte del fratello, il suo suicidio, scatenò in Helle un crescendo di odio indiscriminato contro tutto e tutti, contro se stessa, la società, in cui tutti erano colpevoli. La società che non aveva saputo, voluto, tendergli una mano, dargli un lavoro, che lo aveva lasciato morire, lo aveva indotto a morire. Niente e nessuno si salva nel torrente di parole che catturano chi legge, lo scuotono, lo fanno sentire indegno. Una umanità perduta irrimediabilmente la nostra.

“Vedo i torturatori/ i cunei le bragi le catene/ ma vedo anche la morte./ Vedo gli assassini con la faccia/ d’uom giusto che ti pugnalano nella schiena/ in un angolo della stessa casa dove nascesti.[…] Non la feroce/che ci strappa quelli che amiamo/ci nega questo inutile sole/ma quella che offre un asilo/dagli assassini, dai mostri/lei sola come era nostra madre/di cui mi dicesti tra i singhiozzi/in uno dei tuoi ultimi giorni:/ ”CREDI CHE SE CI FOSSE/NOSTRA MADRE, SAREI/RIDOTTO COSI?”/ ed ha sentito/ la madre, la morte, ed è accorsa./ Vieni, aldo, vieni, aldo. E che le carogne/imputridiscano con le carogne, /che hai a che fare con esse?/ E alla voce/ tu hai aperto le braccia, in un volo.” (I QS)

Helle aveva ricevuto via via e ossessivamente i lamenti del fratello, le sue dolorose recriminazioni: un rapporto il loro basato anche sull’odio per le proprie radici: un farsi male reciproco.

“[…] “Aldo, questa notte che ti ho svegliato,/ facevi quei brutti sogni”./ “Ricordo, e, sai,/ stavolta finalmente mi sono voltato/ e ho visto; non ti dirò chi mi pugnalava”.“Era nostro padre?”…”(I QS)

La poesia di Helle, dopo la morte di Aldo, fa capire quanto la loro storia personale abbia causato un   dolore irreparabile dovuto alle piccole/grandi cose di ogni giorno, le piccole e terribili cose della famiglia: la violenza anche fisica del padre su di loro bambini, la morte della madre davanti ai loro occhi,  l’assenza e l’egoismo del padre e della sua compagna (uno schiaffo il loro tenore di vita che esclude il figlio, ridotto alla fame…) E  così i racconti di una quotidianità frustrata, si alternano alle fortissime denunce della società disumana. La tragedia di Aldo si è posata su di lei già provata da sempre.

[…] e falli nascere senza occhi/ per gli occhi di aldo, senza mani/ per le mani di aldo /senza ossa/ per le ossa di aldo, e la gola loro/ e dei figli e di chiunque è dello stesso sangue/ gliela seghi la fame e il cancro/ gliela spezzi fune da forca/ e questo sino all’ultima generazione. (I QS)
Anche formalmente la poesia di Helle è atipica: poesia con endecasillabi mista ad una forma che, al culmine della denuncia, si fa urlo, versi brevi, brevissimi. Poesia orfica in cui non mancano intervalli lirici, dolci, con una tristezza leggera diffusa. Lei segue il suo sentire e salta ogni convenzione ortografica, creando un suo personalissimo poetare.

“…come dev’essere gentile/ la morte a chi non ebbe ultimo dono/da offrire, che, la propria vita,/ e come/ dev’essere abbagliato e senza limite/ lume a chi a un tratto vi si desta attonito…”(CXXXVI QS).
Molti i commenti di noti poeti ai quali fece avere I quanti del suicidio: tante/i le risposero, qualche apprezzamento, qualche critica, poca vicinanza umana. Solo di una, io sento l’abbraccio:  è l’Ortese, che le scrisse di accettare il dolore e la pregò, le chiese di  trasformarlo in forza. Forse se l’abbraccio fosse avvenuto davvero tra di loro, se Helle avesse potuto sentirsi amata da una donna amica, quasi madre o sorella, una donna speciale e sensibile, parte “diversa” di quel mondo letterario che la sopportava a fatica…Con lei non c’era acredine né bisogno di primeggiare. Forse Helle si sarebbe acquietata, salvata.
Il suo essere una Cassandra lo leggiamo anche, ed inaspettatamente, nella sua ultima poesia de I quanti del suicidio in cui prevede con chiarezza la fine della nostra casa/terra e lo fa con parole di premonizione, disprezzo, sogno.
Bellissima questa poesia rivolta ai giovani, da lei, che  aveva insegnato loro per tanti anni. Li ha amati i giovani, che le hanno fatto scaturire, anche dopo il massimo dolore,  quella vena poetica dai tratti dolci, delicati, inattesi. La riporto in parte. In questa poesia c’è tutta Helle Busacca. E c’è Cassandra.

 

(CXLIX  QS)

(creta, lido di mallia, colonia degli hyppies)

Voi siederete lungo le rive,
giovani e adolescenti, di un mare vuoto
ne ascolterete la voce
attenti, perché non ci sarà altro da sentire.
E forse anche aprirete un libro
superstite, e leggerete di alberi: ulivi
platinate le chiome e pini
marittimi con grandi nubi a schermare il sole.
Guarderete le rive
nere e le onde plumbee di morte
e tra i cespugli ischeletriti
fruscerà in cenere l’ultimo fiore.
Guarderete con gli occhi fissi
e incantati di chi un tempo assorbiva droghe
e giù dagli astri intraducibili
lo spettro della luce parlerà di morte.

Allora a me che vi sarò vicina
-voi potrete vedermi anche se invisibile-
puntando infantilmente sulle formiche
nere, già sbiadite di fuoco e pioggia,
l’indice, chiederete: “gli uccelli. Cosa
erano gli uccelli?”.
ed io non saprò
descriverli, guarderò nella mia memoria
a lungo come voi nel cielo vuoto,
e poi dirò: “tanti mai milioni
d’anni e di vicissitudini e di ere geologiche
passarono, ed essi vi sopravvissero:
non sopravvissero agli uomini.
La luce,  fatta volo, come descriverla?
Erano creature meravigliose”.

[…]
“E lui fu il preludio, quando lo uccisero”,
io dirò guardando nella mia memoria:
“anche lui non sopravvisse agli uomini”.

[…]
e intenti il volto grigio chiederete ancora:
“aldo? Com’era? Qui non sta scritto”.

“Come potrei descrivere le irraggiungibili
Stelle, fatte uno sguardo e un viso?”
Guardando le zolle arse risponderò io:
“era l’Uomo. E l’Uomo era meraviglioso.

 

Dedico questo mio semplice scritto su Helle a Fabrizio Bianchi, che ha lavorato ne Le Voci della Luna per molti anni, con competenza e passione. Helle Busacca era stata la sua insegnante di lettere del liceo a Milano e ne parlava spesso;  aveva in progetto di raccogliere suoi scritti e di fare altro in sua memoria…Ma ci ha lasciate/i nel dicembre 2019.

Vittoria Ravagli

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Helle Busacca, I quanti del suicidio- Elliot edizioni 2013

curatore Gabriele Blundo Canto

 

NOTA AL TESTO E  RIFERIMENTO IN RETE
Il testo è apparso in SPECIALE 8 MARZO- Le Voci della Luna 2023.- https://www.facebook.com/levoci.dellaluna/posts/pfbid0Tamb5rfbPsA8if3tGejco6QMWpDey9z17BqgoFyBow8K7nVzQB3oTa9Bua7MGuRzl?locale=it_IT

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