TRA LA PAROLA POETICA E LA MUSICA- Sergio Pasquandrea: Quattro Lorca in musica

amore- disegno di federico garcía lorca

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Pare che Manuel de Falla, che qualcosa ne capiva, avesse chiesto a García Lorca perché mai non avesse fatto il pianista di professione.
In effetti, Federico era sempre stato attratto dalla musica e aveva preso lezioni di pianoforte e armonia sin dall’età di undici anni, con un compositore di nome Antonio Segura Mesa; solo alla morte del maestro, sei anni dopo, aveva abbandonato la pratica dello strumento e si era dedicato anima e corpo alla poesia. Del resto la musica – in particolare (ma non solo) il folklore spagnolo e gitano – è onnipresente anche nei suoi scritti.
In diverse occasioni, Lorca tornò a comporre, suonare e persino incidere. Tra le registrazioni più celebri, ci sono quelle realizzate nel 1931 insieme alla cantante e ballerina di flamenco Encarnación López Júlvez, soprannominata La Argentinita per le sue origini sudamericane (era nata a Buenos Aires da genitori spagnoli, che tornarono in patria quando lei aveva tre anni).
Ascoltateli in questo Zorongo gitano (clicca qui per ascoltare), che proviene dalla “Colección de Canciones Populares Españolas”, composta da Lorca sulla base di testi e melodie popolari. Lo zorongo è una danza in ritmo ternario, tipica della tradizione gitana.
Di seguito il testo con la traduzione.

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Zorongo gitano

Tengo los ojos azules, tengo los ojos azules
Y el corazoncillo igual que la cresta de la lumbre.

De noche me salgo al patio y me harto de llorar
De ver que te quiero tanto y tu no me quieres nà.

Esta gitana esta loca, pero loquita de atar,
Que lo que suenas de noche, quiere que sea verdad.

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Ho gli occhi azzurri, ho gli occhi azzurri
e il cuoricino uguale alla cresta della fiamma.

Di notte esco nel patio e mi sazio di piangere
perché vedo che ti amo così tanto e tu non mi ami affatto.

Questa gitana è pazza, ma pazza da legare,
che quello che sogni di notte, vuole che sia vero.

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Ovviamente, molti compositori hanno poi messo in musica poesie di Garcia Lorca. Fra i tanti esempi possibili, ve ne propongo altri tre.

España en el corazón (clicca qui per ascoltare) è il primo dei “Tre epitaffi per Federico García Lorca”, composti da Luigi Nono fra il 1951 e il 1953. Mette in musica Tarde, una poesia tratta dalle “Canciones Andaluzas”.

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Tarde

¿Estaba mi Lucía con los pies en el arroyo?

Tres álamos inmensos
y una estrella.

El silencio mordido
por las ranas, semeja
una gasa pintada
con lunaritos verdes.

En el río,
un árbol seco,
ha florecido en círculos
concéntricos.

Y he soñado sobre las aguas
a la morenita de Granada.

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Sera

Aveva la mia Lucia i piedi nel ruscello?

Tre pioppi immensi
e una stella.

Il silenzio morso
dalle rane, somiglia
a un velo decorato
con pois verdi.

Nel fiume,
un albero secco
è fiorito in circoli
concentrici.

E ho sognato sopra l’acqua
la morettina di Granada.

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Leonard Cohen venne colpito dal Pequeño Vals Vienés, che sta in “Poeta en Nueva York” (1929-1930), una delle opere capitali del poeta spagnolo, frutto di un travagliato soggiorno negli Stati Uniti. Ne trasse una canzone, intitolata Take This Waltz, che uscì nel 1986 in un disco collettivo di omaggi a Lorca, intitolato “Poets in New York”, e poi come singolo.
Il testo è troppo lungo per riportarlo nella sua interezza: potete trovalo qui in spagnolo e qui in italiano, mentre questa è la versione inglese, liberamente adattata da Cohen.
Cliccando qui, potete sentire la canzone; ve ne propongo anche una ri-traduzione in spagnolo, a opera della cantante Silvia Pérez Cruz.

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Infine, quella che è una delle più importanti opere musicali su testi di Lorca: “La leyenda del tiempo” (1979).
L’autore è Camarón de la Isla (1950-1992), nome d’arte di José Monje Cruz, una delle figure cruciali del flamenco contemporaneo. Il soprannome “Camarón” (gambero) gli fu affibbiato dallo zio, a causa della sua magrezza e dei suoi capelli rossicci; lui stesso vi aggiunse il toponimo “de la Isla”, in onore della sua città natale, San Fernando, nota anche come “la Isla”.
Cantante professionista sin dall’adolescenza, venne alla ribalta negli anni Settanta, quando incise una serie di splendidi dischi insieme al chitarrista Paco de Lucia. Camarón rivoluzionò il flamenco introducendovi strumenti moderni come la batteria, i sintetizzatori e il basso elettrico e mescolandolo con sonorità pop, rock e jazz. La sua fama è amplificata dalla morte in giovane età, per un cancro ai polmoni.
Ne “La leyenda del tiempo” (1979), vengono trasformate in canzoni cinque poesie di Lorca, oltre a testi di altri autori (uno, addirittura, del grande mistico persiano Omar Khayyam). Vi propongo quella che dà il titolo al disco, tratta da un testo che fa parte della tragedia del 1931 “Así que pasen cinco años”.
Qui c’è la musica e di seguito il testo.

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La leyenda del tiempo

El sueño va sobre el tiempo
Flotando como un velero
Nadie puede abrir semillas
En el corazón del sueño

El tiempo va sobre el sueño
Hundido hasta los cabellos
Ayer y mañana comen
Oscura flores de duelo

El sueño va sobre el tiempo…

Sobre la misma columna
Abrazados sueño y tiempo
Cruza el gemío del niño
La lengua rota del viejo

El sueño va sobre el tiempo…

Y si el sueño finge muros
En la llanura del tiempo
El tiempo le hace creer
Que nace en aquel momento

El sueño va sobre el tiempo…

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La leggenda del tempo

Il sogno va sopra il tempo
galleggiando come un veliero
nessuno può aprire semi
nel cuore del sogno

Il tempo va sopra il sogno
sprofondato nei capelli
ieri e domani mangiano
oscuri fiori di pena

Il sogno va sopra il tempo…

Sulla stessa colonna
abbracciati sogno e tempo
attraversa il gemito del bambino
e la lingua stanca del vecchio

Il sogno va sopra il tempo…

E se il sogno finge muri
nella pianura del tempo
il tempo gli fa credere
che nasce in quel momento

Il sogno va sopra il tempo…

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Buon ascolto
Sergio Pasquandrea

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