vittoria ravagli- nel tempo delle frane
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Tra frane e precipizi
vagano liberi i nostri pensieri
luminose farfalle bianche
preparando la notte
Il 23 maggio di quest’anno, dopo giorni di pioggia furiosa, una mattina mi sono alzata ed ho visto, a pochi metri da un’entrata della casa, una voragine che si era creata per la caduta di una grande frana. Anche intorno piccole e grandi frane ferivano le colline.
Si susseguirono telefonate di puro terrore. Persone che avevano dovuto lasciare la casa mettendosi in salvo, altre estratte e portate via da elicotteri, giovani volontari chiamati casa per casa a salvare le stalle con gli animali nel fango, case spazzate via dall’acqua dei torrenti in piena. Fu davvero tremendo.
Ebbi la forza di chiamare qualche amica per raccontare e due giorni dopo Fernanda arrivò con un conoscente geologo amico, a cercare di capire, ad aiutarmi, a sorreggermi in quel momento in cui dentro di me tutto di nuovo era franato. Amiche mi telefonarono raccomandandomi di lasciare la casa, di venire via, che l’aia avrebbe potuto sprofondare…Sarei stata ospite loro col mio cane…
Sulle strade,
nelle colline ferite,
cumuli di terra
spinti fuori dai bordi
Appaiono case…
la terra contro la porta
come una bocca murata
Chi ci viveva lì?
Quando potrà tornare?
E’ avvenuto, direi,
come un delitto
qui, nella terra
un tempo ricca e felice.
Si disfa questa amata collina.
Dalle grandi ferite,
scendono lacrime e terra.
Non è stato facile, ho attraversato periodi diversi, ho ripreso la risalita molto molto lentamente e la prima decisione è stata di non muovermi dalla mia valle, neppure di ritirarmi nella parte della casa più lontana dalla frana. Di provare a conviverci. Ho poi cercato di capire cosa sarebbe stato giusto fare. Mi sono rivolta alle istituzioni. La situazione intorno era terribile. E’ stato fatto quello che le urgenze richiedevano in quel momento. Poi tutto si è fermato in una precarietà che niente di buono può fare presagire, ora, con l’inverno che si avvicina.
E chiediamo a Madre Terra
di non franare
E chiediamo al nostro cielo
di piovere dolcemente
ché non si stacchi un altro pezzo di strada!
e che di nuovo non frani il mio cuore
Dopo che tutto si è fermato
come per una festa comandata
aspettiamo
e non sappiamo cosa
e non sappiamo quando…
Da subito persone amiche mi hanno “adottato” tenendomi vicina con telefonate e messaggi continui più volte al giorno. In un clima di amore, piano piano, ho ripreso, con molte ricadute, a vivere.
Sono rimasta nel posto dove sono le mie radici, nonostante gli anni. E ho deciso di impegnarmi, nei limiti delle mie capacità economiche, a rendere l’aia pronta a ricevere acqua dal cielo, facendola confluire nei luoghi giusti.
siamo i diversi
quelli delle colline
sparsi qua e là
gli indiani delle riserve
mandiamo segnali di fumo
“Inutile occuparsi di loro”
pensa il potere
“che si sgretolino
le colline,
si chiudano
le loro case
sono pochi e divisi…
dimentichiamoli”
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vittoria ravagli- nel tempo delle frane
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Avevo fatto un sogno il 4 marzo 2020 subito prima che si parlasse di covid: c’era davanti a me una grande palude e l’avrei dovuta attraversare. Ci sono ancora dentro a quella palude e vado avanti come tant* sentendo intorno aleggiare pesantezza; ci fanno mancare l’aria ed aumentano le nostre paure. Pericoli vecchi e nuovi incombono. Spesso non viene permesso che si dica liberamente la propria idea, in questa democrazia incompleta. Ma l’indignazione è tanta, e va crescendo.
Le donne spero si risveglino anche qui, in Italia, che lo facciano in fretta, prima di essere assorbite dalla palude patriarcale.
E ancora e ancora vorrei dire grazie alle amiche e agli amici che mi hanno “salvata” e che ogni giorno, da maggio, ancora oggi, con affetto e amore mi scrivono, mi chiamano, mi dicono…
E come sempre chiudo con qualche mia poesia..
I MIEI CAPELLI
Cinzia viene, mi abbraccia e ride
Mi dice che sto bene, lo vede dai capelli
splendenti e chiari
Ci passa in mezzo insieme al vento
a volte, un dolore sottile
un pianto, come di donna giovane
Mi volano sul viso e ridono di me
della mia confusione
Col vento che li accarezza, giocano
.
Una donna vecchia è come un vaso pieno
Non sappiamo di cosa e lei neppure lo sa
Ogni volta che prende dalla memoria
si solleva un lembo della sua stoffa
E rivede una parte che sonnecchia di sé
ed è un turbine nel cuore ed arriva
una febbre sconosciuta
La nostalgia la invade
la stringe forte, la prende per mano
la spinge indietro. Vuole portarla via.
La donna vecchia ha paura di pensare
Il vaso non ha più posto, è pieno
Lei vaga intorno
Forse, salirà sulla luna
.
La donna dai capelli di argento
sogna le nuvole il grande bosco e il mare
l’amicizia l’avvolge la tiene salda per mano
con dolce tenerezza
Lei lascia in giro fogli farfalle e fiori
tesse una tela di fili colorati e luce
Vittoria Ravagli
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